Volume 2
Monviso, Piccolo San Bernardo, Gran San Bernardo, Monte Bianco, Cervino, Monte Rosa e i Walser, Gran Paradiso
Nel 2005 è stato pubblicato il primo dei due volumi della presente opera relativo alla storia della cartografia alpina, a cui è stato conferito nel 2006 il Premio Gambrinus-Mazzotti per la sezione montagna. Questo secondo volume tratta della cartografia antica settoriale delle Grandi Alpi e comprende lo studio dei vari massicci dal Monviso al Monte Rosa.
Questo secondo volume affronta la tematica della cartografia specialistica delle Alpi, prendendo in considerazione lo studio settoriale dei grandi massicci dal Monviso al Monte Rosa.
Per il Monviso, elemento cartografico caratteristico è il «Buco di Viso», primo traforo delle Alpi, terminato nel 1480. Questa galleria è raffigurata con immagini suggestive che ne fanno un unicum nella storia cartografica delle Alpi.
Per i colli del Piccolo e del Gran San Bernardo, la cartografia dimostra come la loro importanza commerciale sia stata condizionata dagli eventi storici e documenta come i grandi colli lombardi – Sempione e Gottardo – abbiano spostato, a partire dal 1300, l’asse dei transiti per il Nord-Europa verso est, sminuendo l’importanza dei due colli storici valdostani.
Il Monte Bianco ha una storia cartografica singolare in quanto, privo di colli importanti, viene individuato tardivamente dai cartografi con il nome attuale alla fine del 1700, mentre nel periodo successivo la sua presenza sulle carte è sempre più frequente.
Per il Cervino si ripete la storia del Monte Bianco: dimenticato inizialmente dalla cartografia e confuso con il Monte Rosa o con il Colle del Teodulo, con il generico nome di Mons Silvius, solo all’inizio del 1700 venne scoperto dai cartografi che lo individuarono sulle mappe dandogli il nome attuale.
Il Monte Rosa, dal punto di vista della cartografia storica, è forse il massiccio più interessante in quanto, sin dal Medioevo fu attraversato da numerosi itinerari che permettevano alle popolazioni del versante nord di comunicare facilmente con il versante sud. È il periodo delle migrazioni walser nelle valli a sud del Monte Rosa di cui la cartografia dà un’interessante testimonianza.
Il gruppo del Gran Paradiso è stato il «gran dimenticato» dalla cartografia storica in quanto non era attraversato da importanti vie commerciali, non aveva importanza militare e confini internazionali e non rappresentava una zona interessante se non per la segnalazione delle miniere di ferro di Cogne. Il nome Gran Paradiso apparirà solo nel 1825 su una carta piemontese.
Questo volume termina con l’elenco delle carte consultate (500) con le relative riproduzioni suddivise per nazioni e per gruppi montuosi. Questa catalogazione settoriale, che comprende anche alcune carte manoscritte, ha un fine pratico perché consente di individuare, tramite l’immagine riprodotta, le carte delle Grandi Alpi di cui non si abbiano elementi precisi di data e di autore.
RECENSIONI
La Vallee’
Grandi Alpi nella cartografia
Montagne360/1
Grandi Alpi nella cartografia 1
Montagne360/2
Grandi Alpi nella cartografia 2
Montagne360/3
Grandi Alpi nella cartografia 3
Montagne360/4
Grandi Alpi nella cartografia 4
Aosta Sera
Il Monte Bianco è sia Italiano che Francese!
Meridiani Montagne
Le Alpi di carta
Chiude questa rassegna una poderosa opera sulla storia della cartografia alpina, frutto di un lunghissimo lavoro di ricerca dei coniugi Laura e Giorgio Aliprandi [Laura e Giorgio Aliprandi, Le grandi Alpi nella cartografia 1482-1885, vol. II, Priuli & Verlucca (pp. 384; € 95,00)]. Ci occupiamo qui del secondo volume, che affronta la tematica della cartografia specialistica delle Alpi, prendendo in considerazione lo studio settoriale dei grandi massicci dal Monviso al Monte Rosa. Per quanto riguarda il Monte Bianco, si scopre che la sua storia cartografica è alquanto singolare: privo di colli importanti, venne individuato solo alla fine del 1700, mentre nel periodo successivo, con l’inizio delle ricerche scientifiche e le prime avvisaglie di turismo, la sua presenza sulle carte diventò preponderante rispetto agli altri gruppi montuosi. Gli Aliprandi affrontano anche la spinosa questione del confine itala-francese, attraverso una rigorosa analisi geopolitica degli ultimi due secoli.
Il Sole 24 Ore
Montagne da ipnosi
Pietro Crivellaro
Lo Scarpone
Le grandi alpi nella cartografia parte seconda
Apinia.net
Le Grandi Alpi nella cartografia 1482-1865. Volume II
Nel 2005 è stato pubblicato il primo dei due volumi della presente opera relativo alla storia della cartografia alpina, a cui è stato conferito nel 2006 il Premio Gambrinus-Mazzotti per la sezione montagna. Questo secondo volume tratta della cartografia antica settoriale delle Grandi Alpi e comprende lo studio dei vari massicci dal Monviso al Monte Rosa.Questo secondo volume affronta la tematica della cartografia specialistica delle Alpi, prendendo in considerazione lo studio settoriale dei grandi massicci dal Monviso al Monte Rosa.
Per il Monviso, elemento cartografico caratteristico è il «Buco di Viso», primo traforo delle Alpi, terminato nel 1480. Questa galleria è raffigurata con immagini suggestive che ne fanno un unicum nella storia cartografica delle Alpi.
Per i colli del Piccolo e del Gran San Bernardo, la cartografia dimostra come la loro importanza commerciale sia stata condizionata dagli eventi storici e documenta come i grandi colli lombardi – Sempione e Gottardo – abbiano spostato, a partire dal 1300, l’asse dei transiti per il Nord-Europa verso est, sminuendo l’importanza dei due colli storici valdostani.
Il Monte Bianco ha una storia cartografica singolare in quanto, privo di colli importanti, viene individuato tardivamente dai cartografi con il nome attuale alla fine del 1700, mentre nel periodo successivo la sua presenza sulle carte è sempre più frequente. Per il Cervino si ripete la storia del Monte Bianco: dimenticato inizialmente dalla cartografia e confuso con il Monte Rosa o con il Colle del Teodulo, con il generico nome di Mons Silvius, solo all’inizio del 1700 venne scoperto dai cartografi che lo individuarono sulle mappe dandogli il nome attuale.
Il Monte Rosa, dal punto di vista della cartografia storica, è forse il massiccio più interessante in quanto, sin dal Medioevo fu attraversato da numerosi itinerari che permettevano alle popolazioni del versante nord di comunicare facilmente con il versante sud. È il periodo delle migrazioni walser nelle valli a sud del Monte Rosa di cui la cartografia dà un’interessante testimonianza.
Il gruppo del Gran Paradiso è stato il «gran dimenticato» dalla cartografia storica in quanto non era attraversato da importanti vie commerciali, non aveva importanza militare e confini internazionali e non rappresentava una zona interessante se non per la segnalazione delle miniere di ferro di Cogne. Il nome Gran Paradiso apparirà solo nel 1825 su una carta piemontese.
Questo volume termina con l’elenco delle carte consultate (500) con le relative riproduzioni suddivise per nazioni e per gruppi montuosi. Questa catalogazione settoriale, che comprende anche alcune carte manoscritte, ha un fine pratico perché consente di individuare, tramite l’immagine riprodotta, le carte delle Grandi Alpi di cui non si abbiano elementi precisi di data e di autore.
www.alpinia.net
La Repubblica
Il giallo del Bianco
Sul tetto d’Europa l’ultimo rebus di un confine
Leonardo Bizzaro
La Vallée
La storia nelle carte geografiche
Tuttolibri
le grandi alpi nella cartografia 1482-1885
Realtà Industriale
Le grandi alpi nella cartografia 1482-1885 – volume 2
Dopo il primo splendido volume edito nel 2005, Priuli & Verlucca ha recentemente pubblicato il secondo e ultimo volume della splendida opera dedicata alla storia della cartografia alpina. Questo secondo volume, che tratta della cartografia antica settoriale delle Grandi Alpi è, come il primo, ricco di centinaia di immagini e curato in ogni dettaglio. Davvero uno splendido omaggio per tutti coloro che amano le montagne, comprende lo studio dei vari massicci dal Monviso al Monte Rosa, passando per il Piccolo e il Gran San Bernardo, il Bianco, il Cervino, il Gran Paradiso e tutti gli altri principali rilievi dell’arco alpino. Un’opera specialistica, ma che può affascinare anche i profani della materia cartografica e che, ancor più se unito al primo volume, diventa un regalo di assoluto prestigio.
Rassegna
il monviso nella cartografia
Paolo Caroni
Un’opera enciclopedica ripercorre la storia della cartografia alpina. Ecco come le carte geografiche hanno descritto, nel corso dei secoli, la montagna più rappresentativa del Piemonte.
Tra le novità editoriali dello scaffale dedicato alla montagna, la fine del 2007 ha portato in libreria un volume di grande formato, realizzato dalla Priuli & Verlucca e intitolato “Le grandi Alpi nella cartografia 1482-1885”: al suo interno, la montagna più rappresentativa del Cuneese e del Piemonte, il Monviso, ha una parte di rilievo. Si tratta di un’opera enciclopedica suddivisa in due libri (il primo risale al 2005), che guarda alle Alpi attraverso le particolari “lenti” della cartografia realizzata nel corso della storia. Un ingente lavoro di mappatura e rilievo con cui l’uomo durante i secoli ha cercato di rappresentare le montagne, per conoscerle e attraversarle, sfruttando passi e valli in modo da agevolare i rapporti tra i due lati della catena alpina. Le illustrazioni a colori delle carte topografiche offrono, tanto all’appassionato di montagna quanto a chi studia la storia, uno spaccato tanto inusuale quanto interessante.Se il primo volume centrava la sua attenzione sulla cartografia in generale, ripercorrendola nel tempo e focalizzandosi su alcuni periodi storici ben precisi (e cioè, tra le altre, la cartografia alpina prima delle carte a stampa, la cartografia alpina a stampa, la cartografia alpina in Svizzera e poi via via fino alla cartografia alpina in Inghilterra), per il secondo gli autori Laura e Giorgio Aliprandi hanno voluto dedicarsi ai principali gruppi montuosi delle Alpi occidentali. E accanto alle montagne “mitiche” della Valle d’Aosta, come il Monte Bianco, il Monte Rosa, il Gran Paradiso, il Cervino e il settore dei colli del Piccolo e del Gran San Bernardo, il volume destina ampio spazio anche al cuneese Monviso, il “Re di Pietra”. Il motivo di questa scelta viene esplicitato dagli autori stessi: “Per il Monviso, l’elemento cartografico caratteristico è il “Buco di Viso”, primo traforo delle Alpi, terminato nel 1480 ad opera di maestranze piemontesi e francesi, voluto per facilitare il trasporto del sale dal Delfinato al Marchesato di Saluzzo, evitando gli onerosi pedaggi dei Savoia. Questa galleria è rappresentata nell’antica cartografia sia francese sia piemontese con immagini suggestive che ne fanno un unicum nella storia cartografica delle Alpi”Tra le carte riportate nel volume, alcune sono davvero curiose: per esempio, nel “Mappamondo di Frà Mauro”, risalente alla metà del ‘400, l’Italia è rappresentata capovolta rispetto a come si usa oggi, cioè orientata sud-nord. Il Monviso è citato, anche se la carta comprende un territorio molto vasto. Più di dettaglio e leggermente più recente è la carta “Gallia Novella” di Francesco Berlinghieri. Indica sei colli, e tra questi anche il “Vesulo Mo”, toponimo con cui però ci si riferisce non tanto al Monviso quanto al vicino Colle delle Traversette. Sulle carte successive, spesso realizzate con la tecnica dei “mucchietti di talpa”, il Monviso viene sovente rappresentato, il che costituisce una particolarità: infatti, fino al ‘700 molto raramente i cartografi hanno rivolto la loro attenzione alle montagne, e quasi sempre si sono concentrati sui valichi. Ma il Monviso, chiamato anticamente “Vesulus” proprio perché facilmente visibile e riconoscibile da un gran numero di località, evidentemente costituiva un’eccezione.
Di carta in carta il volume ci porta quindi a scoprire come è cambiata la cartografia nei secoli. Si vede così come il dettaglio sia andato aumentando sempre più e abbia portato già nel 1700 a carte di notevole interesse e di ottimo livello, tanto più se si considera che allora erano ancora da venire le tecniche odierne di rilievo topografico che utilizzano fotografie, satelliti, strumenti elettronici. Si arriva infine alle carte del Regno di Sardegna, risalenti alla fine dell’Ottocento: mappe ricche di particolari e precise, moderne, fedeli rappresentazioni del terreno, senz’altro ottimali per lo scopo per cui sono state realizzate. Ma anche più povere per quanto riguarda la carica evocativa che le più antiche indubbiamente portavano con sé.
La Stampa
Il XIII Premio Balmas ai coniugi Aliprandi
A Saint-Vincent. Il riconoscimento per «Le grandi Alpi nella cartografia»«Per la loro importante attività scientifica e per l’amore e la devozione dimostrati alla Valle d’Aosta e alle sue montagne ». Con queste motivazioni la giuria della XIII edizione del Premio Balmas, dedicato alla cultura valdostana, in ricordo di Enea Balmas, illustre francesista italiano, docente all’Università di Milano, morto nel 1994, ha premiato a Saint- Vincent i coniugi Laura e Giorgio Aliprandi autori dell’opera in due volumi «Le grandi Alpi nella cartografia» pubblicato da Priuli & Verlucca. I volumi, frutto di anni di ricerca, si caratterizzano per le riproduzioni delle carte, considerate vere opere d’arte, alla luce delle nuove acquisizioni metodologiche e dei documenti cartografici scoperti di recente. La giuria ha poi segnalato i finalisti. Silvana Presa, Jean- Patrick Perruchon per il libro «Corrado Gex. Il vit clair. Il vit loin» pubblicato da Musumeci e Joseph Peaquin per il documentario d’inchiesta su Gex, considerati, insieme, «una sintesi riuscita d’una vita straordinaria, intensa come un volo sui ghiacciai, capace di trasmettere un messaggio esemplare alle giovani generazioni ». Ancora segnalato Saverio Favre, direttore del Brel (Bureau régional pour l’Ethnologie et la Linguistique) per l’attività di ricerca e per l’opera «Zéro-Quinze. L’enfance et l’adolescence dans la photographie valdôtaine de 1890 à 1970» e per l’attività culturale, storica e sociale che «fa splendere la cultura e le lingue della Valle d’Aosta». Infine è stata segnalata Augusta Cerutti per l’opera collettiva «Jean Domaine. Poète et chantre. Appassionato cantore de “La verda vallaye”», Dvd e libro stampato da Imprimerie valdôtaine, «lavoro paziente di ricerca, contributo alla memoria sonora e alla cultura musicale e letteraria valdostana». La giuria, espressa dalla Società universitaria per gli studi di lingua e letteratura francese ha poi assegnato, ex aequo, il XVI Premio di lingua e letteratura francesi a Mariella Di Maio autrice di «Stendhal. Romanzi e racconti» edito ne «I Meridiani» Mondadori, e Alessandra Preda per «Ilarità e tristezza. Percorsi francesi del “Candelaio” di Giordano Bruno», editrice Led.
Lo Scarpone
Care, dolci Grandi Alpi
B.R.E. Rassegna n. 24
Il monviso nella cartografia
Un’opera enciclopedica ripercorre la storia della cartografia alpina. Ecco come le carte geografiche hanno descritto, nel corso dei secoli, la montagna più rappresentativa del Piemonte.Tra le novità editoriali dello scaffale dedicato alla montagna, la fine del 2007 ha portato in libreria un volume di grande formato, realizzato dalla Priuli & Verlucca e intitolato “Le grandi Alpi nella cartografia 1482-1885”: al suo interno, la montagna più rappresentativa del Cuneese e del Piemonte, il Monviso, ha una parte di rilievo. Si tratta di un’opera enciclopedica suddivisa in due libri (il primo risale al 2005), che guarda alle Alpi attraverso le particolari “lenti” della cartografia realizzata nel corso della storia. Un ingente lavoro di mappatura e rilievo con cui l’uomo durante i secoli ha cercato di rappresentare le montagne, per conoscerle e attraversarle, sfruttando passi e valli in modo da agevolare i rapporti tra i due lati della catena alpina. Le illustrazioni a colori delle carte topografiche offrono, tanto all’appassionato di montagna quanto a chi studia la storia, uno spaccato tanto inusuale quanto interessante.
Se il primo volume centrava la sua attenzione sulla cartografia in generale, ripercorrendola nel tempo e focalizzandosi su alcuni periodi storici ben precisi (e cioè, tra le altre, la cartografia alpina prima delle carte a stampa, la cartografia alpina a stampa, la cartografia alpina in Svizzera e poi via via fino alla cartografia alpina in Inghilterra), per il secondo gli autori Laura e Giorgio Aliprandi hanno voluto dedicarsi ai principali gruppi montuosi delle Alpi occidentali. E accanto alle montagne “mitiche” della Valle d’Aosta, come il Monte Bianco, il Monte Rosa, il Gran Paradiso, il Cervino e il settore dei colli del Piccolo e del Gran San Bernardo, il volume destina ampio spazio anche al cuneese Monviso, il “Re di Pietra”. Il motivo di questa scelta viene esplicitato dagli autori stessi: “Per il Monviso, l’elemento cartografico caratteristico è il “Buco di Viso”, primo traforo delle Alpi, terminato nel 1480 ad opera di maestranze piemontesi e francesi, voluto per facilitare il trasporto del sale dal Delfinato al Marchesato di Saluzzo, evitando gli onerosi pedaggi dei Savoia. Questa galleria è rappresentata nell’antica cartografia sia francese sia piemontese con immagini suggestive che ne fanno un unicum nella storia cartografica delle Alpi”.
Tra le carte riportate nel volume, alcune sono davvero curiose: per esempio, nel “Mappamondo di Frà Mauro”, risalente alla metà del ‘400, l’Italia è rappresentata capovolta rispetto a come si usa oggi, cioè orientata sud-nord. Il Monviso è citato, anche se la carta comprende un territorio molto vasto. Più di dettaglio e leggermente più recente è la carta “Gallia Novella” di Francesco Berlinghieri. Indica sei colli, e tra questi anche il “Vesulo Mo”, toponimo con cui però ci si riferisce non tanto al Monviso quanto al vicino Colle delle Traversette. Sulle carte successive, spesso realizzate con la tecnica dei “mucchietti di talpa”, il Monviso viene sovente rappresentato, il che costituisce una particolarità: infatti, fino al ‘700 molto raramente i cartografi hanno rivolto la loro attenzione alle montagne, e quasi sempre si sono concentrati sui valichi. Ma il Monviso, chiamato anticamente “Vesulus” proprio perché facilmente visibile e riconoscibile da un gran numero di località, evidentemente costituiva un’eccezione.
Di carta in carta il volume ci porta quindi a scoprire come è cambiata la cartografia nei secoli. Si vede così come il dettaglio sia andato aumentando sempre più e abbia portato già nel 1700 a carte di notevole interesse e di ottimo livello, tanto più se si considera che allora erano ancora da venire le tecniche odierne di rilievo topografico che utilizzano fotografie, satelliti, strumenti elettronici. Si arriva infine alle carte del Regno di Sardegna, risalenti alla fine dell’Ottocento: mappe ricche di particolari e precise, moderne, fedeli rappresentazioni del terreno, senz’altro ottimali per lo scopo per cui sono state realizzate. Ma anche più povere per quanto riguarda la carica evocativa che le più antiche indubbiamente portavano con sé.
Meridiani Montagne
Le grandi alpi nella cartografia 1482-1885
Il Sole 24 Ore
Che giallo il Monte Bianco