Questa splendida icona “dorata” misura cm. 22 x 30 circa. Essa è interamente fatta a mano secondo la tradizione iconografica della scuola Macedone del Monte Athos.
La tavola di legno su cui è “scritta” è irrobustita da due inserti posti trasversalmente sul retro. Questo impedisce al legno, che rimane un elemento vivo capace di reagire al caldo, al freddo e all’umidità, di deformarsi nel corso del tempo.
La tavola viene poi trattata, nel verso del dipinto, con una malta a base di gesso per renderla liscia e capace di essere dipinta. Il procedimento consiste nel distendere, con un pennello, uno strato di gesso colloso, misto a polvere fine di alabastro, il tutto a caldo, su una tela di lino precedentemente incollata sulla superficie. L’utilità di questa tela è quella di rendere lo strato di pittura maggiormente resistente alle sollecitazioni provocate dai movimenti del legno. In seguito si procede alla levigatura della la superficie gessosa.
L’icona passa quindi nelle mani dell’iconografo che esegue la base della composizione ed i contorni delle figure usando del carboncino o una leggera incisione.
Si tratta della tratteggiatura del disegno effettuata oggi attraverso un foglio di carta pergamena trasparente su cui è stata ripresa in precedenza l’immagine nelle sue linee essenziali, quelle del nero. Tali linee vengono perforate da minuscoli fori per tutta la loro lunghezza e, una volta appoggiata la pergamena sulla tavola, attraverso di loro, utilizzando appunto del carboncino, vengono riportate le stesse sul piano gessoso dell’icona.
A questo punto inizia il processo di doratura. Le zone da dorare vengono trattate con un fondo rosso sul quale si applicano sottilissime foglie d’oro a 24 carati; la stesura viene rifinita con un pezzo d’agata perché assuma una lucentezza metallica e infine viene arricchita da un “ricamo” a cesello.
La tavoletta così preparata è pronta per essere dipinta usando colori naturali, polveri d’origine minerale od organica che vengono sciolte con una emulsione a base di tuorlo d’uovo e vino bianco o aceto (tempera all’uovo).
Per prima cosa vengono dipinti i particolari ornamentali, alla fine i visi e le mani.
Ultimo tocco sono le “iscrizioni”, il nome del personaggio.
L’ultima operazione necessaria a conservare l’icona è la verniciatura con olio di lino.
Il Cristo raffigurato in questa icona è un Cristo Maestro che viene presentato come “Parola” (il Libro) incarnata e che si autorivela come Via, Verità e Vita (cfr. iscrizione greca sulle pagine del Libro: “Io sono la Via, la Verità e la Vita…”).
Nell’aureola di Cristo, in cui è disegnata una croce, si trovano sempre le tre lettere “O ΩN” cioè “Colui che è”, il nome di Dio rivelato a Mosè davanti al roveto ardente. Tale definizione indica la sua essenza divina. La posizione, invece, delle dita della mano benedicente affermano il suo appartenere alla Ss.Trinità: un’unica persona (le tre dita che si toccano) con la presenza in Lui delle due nature, quella umana e quella divina (le due dita aperte).
Nelle vesti il rosso della tunica simboleggia la sua umanità, il sangue versato, la vita donata, mentre l’azzurro del manto rimanda al colore del cielo e quindi alla realtà di Dio, alla sua divinità. La stola dorata, visibile solo in parte sulla spalla destra, testimonia infine la sua regalità.
Le lettere IC e XC, in alto a destra e sinistra dell’icona, sono delle abbreviazioni delle parole greche “IESUS” e “XRISTOS” (la C corrisponde alla S): Gesù Cristo.
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