INTRODUZIONE ALL’OPERA
Il fiore. Il girasole (Helianthus annuus) è una pianta il cui nome scientifico significa fiore del sole. Fiorisce tra luglio e ottobre. Originario del Perù, gira sempre il bocciolo verso il sole prima della fioritura, ma col fiore maturo resta sempre rivolto ad Oriente.
Il quadro. Ricco di aspetti positivi. Nel 1888 Van Gogh si era stabilito ad Arles (Provenza) e aspettava l’amico Gauguin. Fu un periodo di vitalità e ottimismo. Già a Parigi, l’anno prima, aveva dipinto alcuni girasoli recisi; ad Arles, invece, dipinse cinque repliche di «Girasoli» delle quali due – una è questa che presentiamo – nelle sue intenzioni avrebbero dovuto far parte di un trittico, con al centro il ritratto di madame Augustine Roulin « La Berceuse », ovvero la donna che culla.
La riuscita di queste due nature morte gli aveva dato una tale sicurezza di sé, che scrisse a Theo: « Se quando avrò quarant’anni sarò riuscito a creare una composizione di figure belle quanto quei fiori… ». Tutto andò diversamente.
Lo stile. Era senza dubbio come una prova finale della sua abilità artistica, nella quale aveva soprattutto cercato di seguire (con alcune licenze) le norme che Gauguin, fino ad allora, applicava all’arte contemporanea: limitato uso del colore, semplicità dei contorni, composizione con finalità decorativa, varietà delle pennellate.
I girasoli possono variare di numero, nelle varie repliche, da 12 a 14 a 15 secondo il significato che Van Gogh voleva dargli: 14 = i 12 apostoli + Theo e Gauguin, 15 i 14 + lui stesso. Mentre il suo « gemello » è alla National Gallery di Londra, il nostro è a Monaco di Baviera nella Neue Pinakothek e ha 12 fiori.
La metafora. Il dipinto mostra i girasoli in ciascuna fase della fioritura, dal bocciolo all’appassimento, e i fiori sembrano contorcersi in ogni direzione. Come non vedervi la metafora della (sua) vita?
Nel 2023 ricorrono i 170 anni dalla nascita dell’artista.
Non si possono riassumere la sua vita e la sua arte, ma certo si può dire almeno che la sua vita fu una corsa, a volte folle, verso il tragico epilogo del probabile (non certo) suicidio, e fu così singolare e, a volte, sconvolgente che parrebbe piuttosto un’antica leggenda; la sua arte è ai nostri occhi stupefatti così straordinaria da poterla comprendere solo a fatica entro limiti e definizioni.
Passò dagli iniziali studi teologici e attività di predicatore (era figlio di un pastore protestante) alla sofferta attività di impiegato tra la natia Olanda e il Belgio; poi alla più sfrenata vita bohémienne di Parigi; poi in giro per la Francia, sempre dipingendo senza vendere un quadro fino a due anni dalla morte, sostanzialmente mantenuto da suo fratello Theodorus (per lui Theo), di pochi anni più giovane, che gli sopravvisse solo sei mesi, sopraffatto dal dolore di non aver potuto salvare il suo amato Vincent dalla malattia mentale che ne faceva a tratti un invasato.
LA SUA ARTE CI TRASCINA NEL MONDO VISIONARIO DEL « REALISMO MAGICO »
Tappe fondamentali nella sua maturazione artistica:
Pochi pittori esercitano sulla nostra fantasia un fascino pari al suo.
Un libro da leggere e incorniciare perché le 45 immagini botaniche sono staccabili e possono diventare splendidi elementi decorativi; in tal caso l’opera resta un’antologia di approfondite biografie e descrizioni dei botanici europei, dal sec. XVI al XIX.
Un vero e proprio florilegio, scrigno della Natura.